UN TELESCOPIO, LA LUNA, E UNA WEB CAM

L’avvento delle nuove tecnologie ha portato a un notevole miglioramento nell’ottenimento dei risultati da parte degli astrofili.
Pochi anni fa era impensabile acquistare un telescopio con montatura computerizzata, con un’apertura di almeno 20 cm al costo inferiore a una decina di milioni delle nostre vecchie e care lire.
Oggi la scelta che offre il mercato è così ampia che c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Anche per la fotografia i passi sono stati sostanziali: pellicole con grana ultrasottile, con sensibilità elevata e estesa latitudine di posa sono oggi comunemente acquistabili in quasi tutti i negozi di fotografia e le varie tecniche di ipersensibilizzazione sono diventate appannaggio di pochi nostalgici. Inoltre la tecnologia di acquisizione e di elaborazione digitale si è talmente affinata che è possibile ottenere, con telescopi amatoriali, risultati che trent’anni fa erano appannaggio solo di grandi osservatori professionali.
Fra le varie tecnologie oggi a disposizione degli astrofili c’è sicuramente l’uso della webcam per l’acquisizione delle immagini planetarie.
Di ciò ne abbiamo parlato nel numero scorso. In questo numero voglio invece parlare dell’uso di queste telecamerine nella fotografia lunare.
Sappiamo che, per quanto possiamo ingrandire un particolare, esistono dei limiti oltre i quali non è più conveniente incrementare l’ingrandimento in quanto la definizione non aumenterebbe e avremo, invece, un degrado dell’immagine dovuto, fra l’altro, a una perdita di luminosità del soggetto inquadrato. Possiamo fare una prova con un piccolo telescopio, osservando la Luna. A 50x la Luna si presenta di un colore bianco abbagliante; se aumentiamo gli ingrandimenti a 150x la Luna non abbaglierà più, la visione sarà più riposante ma se portassimo gli ingrandimenti a 400x l’immagine sarebbe di un colore giallastro, scura e difficile da mettere a fuoco.
Inoltre la capacità di riconoscere dettagli è influenzata anche dalla turbolenza atmosferica, molto più sensibile ad alti ingrandimenti.
Le webcam, per loro progetto, non nascono per l’uso astronomico ma a questo, entro certi limiti, possono essere adattate: infatti, pur non avendo una dinamica elevata e non essendo raffreddate, escludendone l’uso per le foto del profondo cielo, possono tranquillamente essere utilizzate nella fotografia planetaria e lunare.
Qual è il loro vantaggio rispetto alla pellicola nella fotografia lunare?
Per spiegare tutto ciò dobbiamo usare alcune formule ma, prometto, cercherò di farne il minor uso possibile.
Prima di tutto dobbiamo conoscere qual è la risoluzione massima ottenibile con il nostro telescopio. Esistono varie formule che tengono conto dell’apertura, della configurazione ottica, del trattamento delle lenti o degli specchi e così via ma, semplificando, possiamo considerare valida la formula di Raleygh:

dove
r = risoluzione in secondi d’arco,
d = diametro del telescopio espresso in millimetri.
Il valore di 0,00055 è la lunghezza d’onda della luce verde espressa in millimetri e corrisponde al centro della fascia della luce visibile.
Vediamo come, applicando la formula sopraccitata a uno strumento di 150 mm di apertura otteniamo che r = 0,92”.
Quale focale deve avere perciò il nostro telescopio per poter fotografare i particolari più minuti?
La risposta è data dalla formula seguente:

dove
Feq = focale minima necessaria per ottenere il massimo campionamento
Dp = risoluzione massima del supporto fotografico.  Nel caso di sensori digitali Dp corrisponde alla dimensione del pixel espressa in millimetri.
Il fattore 2 che appare nella formula è dovuto al criterio di Nyquist, il quale chiede che il campionamento sia effettuato a frequenza doppia (nel nostro caso con una risoluzione doppia) per poter ottenere il massimo dell’informazione.
Utilizzando una buona pellicola in commercio con elevato contrasto e alta risoluzione potremo arrivare a un valore di Dp di 0,005.
In questo caso la nostra Feq sarà uguale a 2242. Se noi fotografiamo con una pellicola con tali caratteristiche e utilizzando una focale uguale o maggiore a Feq avremo il massimo della risoluzione.
Tutto ciò in teoria, però. Infatti dobbiamo tenere conto che la pellicola può presentare delle disuniformità, il seeing può essere scadente e le possibilità di scattare nel momento in cui l’immagine è deteriorata sono elevate, lo sviluppo può non essere il più adeguato, ecc. ecc. ecc.
E allora? L’unica possibilità è di scattare molte foto e di fare una media delle migliori. In tal modo potremo scegliere quelle in cui il seeing è migliore, le vibrazioni sono minime, ecc.
Ma quanto costa una foto del genere? E che risultati possiamo ottenere?
Sicuramente esiste un metodo che permette di ottenere un numero statistico di immagini buone più elevato, sfruttando quasi sempre la massima risoluzione dello strumento e, a volte, anche oltrepassarla.
Basta usare una webcam.
La webcam ha la caratteristica di poter acquisire le immagini in sequenza rapida, come un filmato, permettendo poi di poter scegliere successivamente quelle più definite. Utilizzando poi quelle che usano un sensore CCD (e non un CMOS meno sensibile) la dinamica è migliore della pellicola fotografica.
Logicamente il sensore ha dimensioni di pochi millimetri e, rispetto alla pellicola fotografica e a parità di focale equivalente, il campo inquadrato sarà minore.

Io ho utilizzato, per catturare le mie immagini lunari, una webcam Philips Vesta Pro, dotata di un sensore CCD con una risoluzione massima reale di 640x480 e pixel di 0,0056 mm.
Con un raccordo tornito appositamente ho fissato la webcam, al quale ho levato il suo obbiettivo, al telescopio come se fosse un oculare.
Per raggiungere la Feq minima ho usato una Barlow 3x in modo da avere una campionatura migliore di quella minima necessaria. In tal modo, riuscendo a cogliere i momenti di seeing migliore, è possibile ottenere la massima risoluzione effettiva.
I filmati vengono ripresi in automatico con il programma fornito assieme alla webcam e, di regola, non superano i 15/20 secondi.
Una volta effettuata l’acquisizione, viene successivamente elaborato il filmato mediante alcuni programmi comodamente scaricabili in rete. Io personalmente uso AVI2BMP per la scelta delle immagini e ASTROSTACK per la loro elaborazione.

Il primo è scaricabile qui mentre per il secondo è possibile collegarsi al sito http://www.astrostack.com. A questo sito è disponibile una nuova versione (la 2.00) che è, a tutt’oggi, ancora incompleta, raccomandiamo perciò di effettuare il download della versione 0.9 che è quella utilizzata dall’autore.
Mediante AVI2BMP viene caricato e scomposto il filmato acquisito con la webcam. A questo punto dovremo semplicemente scorrere i vari fotogrammi scegliendo quelli che hanno una maggior ricchezza di dettagli. Una volta scelti e marcati i migliori fotogrammi (ne bastano una ventina) premeremo FILE -> BATCH SAVING; impostiamo il punto indicante selected images, scegliamo il nome delle immagini che salveremo e la cartella in cui queste verranno salvate. Premiamo OK e il salvataggio comincerà.
Ora siamo pronti per l’elaborazione vera e propria delle immagini.
Apriamo ASTROSTACK e vediamo le opzioni che offre:

in alto a sinistra vediamo tre bottoni, AVI, BMP e CORRECT: il primo serve per caricare filmati, il secondo per caricare una serie di immagini mentre il terzo serve per utilizzare le maschere di bilanciamento delle immagini (dark e flat frames).
Sotto questi tre pulsanti vi è una casella denominata “full picture” (va marcata) e Resample (va impostato a 1).
A destra, sotto la seconda immagine c’è una casella denominata width (va impostata alla medesima risoluzione delle immagini bmp – se il filmato è 640 x 480 va impostata a 640).
Premendo il pulsante BMP dovremo scegliere una prima volta la prima immagine della serie e successivamente l’ultima.
Una volta caricate tutte le immagini dovremo procedere con l’allineamento.
Basterà impostare il bottone AUTO e premere il pulsante Go.
Una volta ultimato l’allineamento scegliamo il metodo di elaborazione (consiglio mean o median) e premiamo il pulsante CALCULATE. Vediamo che apparirà una immagine nella finestra di destra, che sarà poco definita.
Per aumentare la definizione potremo utilizzare le funzioni di deconvoluzione. Potremo usare sia l’Unsharp Masking sia la deconvoluzione.
Personalmente preferisco la deconvoluzione che mi restituisce un’immagine più dettagliata e con minor rumore di fondo.
Potremo inoltre usare vari modi per effettuare la deconvoluzione. Basta premere il pulsante PSF (Point Spread Function) scegliendo il file adatto alle varie esigenze nella cartella Astrostack\Psf. Con l’esperienza e varie prove troveremo quello più adatto alle singole elaborazioni.
Sicuramente è più facile usare questi programmi che spiegarne l’uso. Sono intuitivi e di rapido utilizzo.
Logicamente esistono altri programmi in grado di effettuare queste elaborazioni ed è possibile usare meglio anche ASTROSTACK ma queste poche righe servono solo a dare una prima infarinatura sull’elaborazione delle immagini lunari.

Le Alpi e gli Appennini lunari
(mosaico di cinque immagini separate)

Possiamo vedere una galleria di immagini di crateri lunari ripresi con questo sistema. I particolari più fini sono di dimensioni inferiori al km.

da: "Appunti di Astronomia" Agosto 2002 - © Copyright Associazione Astrofili Valdinievole "Alessandro Pieri"

Renzo Del Rosso

Il Sinus Iridum (mosaico di due immagini) Il cratere Platone ripreso con la tecnica descritta nell'articolo